Il 22 e 23 Novembre prossimo a Bergamo sarà celebrata l’assemblea Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, insieme al Presidente della Conferenza Episcopale italiana (CEI) il Cardinale Matteo Maria Zuppi, l’unica voce autorevole che ha preso una posizione nitida, senza fraintendimenti e soprattutto senza fare sconti a nessuno contro l’ipotesi dell’autonomia differenziata.

L’Assise è estremamente importante come sempre ma, se la si contestualizza al panorama socio-politico nazionale ed internazionale, quest’ anno ha una valenza diversa rispetto agli anni passati, perché ci si trova al cospetto di situazioni geopolitiche che direttamente e/o indirettamente si ripercuotono sui comuni, intesi come comunità di genti e di popoli, per cui una discussione ed una riflessione di merito rispetto all’istituzione Comune, che è quella più vicina ai cittadini, i quali vi ripongono le loro attese, le speranze e anche le sofferenze. Per questi motivi, ma anche per molti altri, spero e mi auguro che l’Assemblea dei sindaci non sarà solo celebrativa.

I Sindaci con le Amministrazioni Comunali sono votati per realizzare e concretizzare e non per celebrare, perché le celebrazioni sono una prerogativa ecclesiale. Gli anni passati sono stati durissimi da un punto di vista amministrativo; lacrime e sangue hanno dovuto versare in primis i Comuni, che hanno contribuito in maniera determinante a concorrere a salvare il bilancio dello Stato, con continui tagli verticali di risorse umane, economiche e finanziarie, con la conseguenza di mettere in discussione i servizi essenziali per i cittadini; prestazioni che sono obbligatorie e non differibili.

Sul Comune gravano una serie di problematiche che non possono essere sintetizzate in poche righe, pur tuttavia a mio avviso, in questo preciso momento storico, tre sono i momenti portanti e fondamentali soffermarsi.

Il Patto di stabilità e di crescita, per il quale si sta avviando la riforma, deve essere condiviso anche con il mondo delle autonomie, perché non si può accettare pedissequamente ogni cosa. Io aprirei una riflessione seria e di merito relativamente alla erogazione dei servizi essenziali, i cosiddetti LEA/LEP, che impattano sulla qualità della vita dei cittadini e chiederei di escludere dal Patto di stabilità, o al limite fissare un tetto di spesa, per delle criticità che riguardano innanzitutto il servizio socio-sanitario e l’istruzione; perché è lapalissiano che i Comuni, in particolare i più piccoli, non possono affrontare i pagamenti per cassa, (il comune non è un supermercato)ma per competenza.

I Comuni, sono stati letteralmente devastati dal mancato turn over delle risorse umane. Oggi nei Comuni abbiamo di fronte un deserto assoluto, ci sarebbe bisogno di un vero e proprio piano nazionale per l’assunzione di persone giovani, ma soprattutto competenti e qualificati, in linea con gli standard e le prerogative tecnologiche e innovative.

Poi vi è la grande ed irripetibile occasione che è data dal PNRR, la quale assolutamente non può essere sprecata dai Comuni, pena l’estinzione di molti di essi. Al riguardo, e con tutto il rispetto, non basta la messa a disposizione da parte dell’ANCI di una e-mail dedicata alle segnalazioni e alle problematiche relative alla realizzazione dei progetti. La partita del PNRR, assume una centralità assoluta per i Comuni, talmente importate che da subito bisogna decidere di prevedere una cabina di regia nazionale sotto l’egida dell’ANCI non per ostacolare ma con il solo fine di monitorare costantemente lo stato di attuazione e realizzazione dei progetti, i quali mai come adesso potranno riverberarsi positivamente e/o negativamente sulle comunità e sui territori, soprattutto se ci troviamo di fronte a progetti di natura strutturale. Sottolineo questo, perché nel frattempo le pastoie burocratiche sono state sicuramente limitate ma non del tutto eliminate. Il dispositivo dell’art. 114 della Costituzione italiana postula: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Tutti abbiamo l’obbligo di osservarlo e di rispettarlo, perché è l’articolo cardine dal quale si muove la democrazia partecipativa.