di Danilo Di Matteo

A cavallo fra XX e XXI secolo molti, specie in Italia, sognavano di “fare come in America”, sia a destra sia a sinistra. Un grande visionario come Marco Pannella, ad esempio, da tempo parlava di riforma americana delle istituzioni e della società. Tanti poi, pur avendo talora una conoscenza superficiale sia di Piero Gobetti che degli States, evocavano una qualche “rivoluzione liberale” in senso americano: alcuni ponendo l’accento sugli aspetti economici, altri su quelli socio-culturali (l’importanza del merito, lo spirito della società aperta, il “crogiolo”).

In quei sogni c’era (e c’è) del vero, naturalmente. Giancarlo Bosetti, ad esempio, nel suo libro più recente (La verità degli altri. La scoperta del pluralismo in dieci storie), ci ricorda mirabilmente, fra l’altro, l’esperienza degli “americani con il trattino”: gli afro-americani, gli italo-americani, gli ebrei-americani e così via. Sarebbe dunque sciocco riproporre l’antico e mai sopito antiamericanismo al cospetto di quella che può sembrare una sorta di nuova guerra civile che dilania gli Stati Uniti e che in ogni caso è una frattura profonda in quel grande paese. Una frattura dai risvolti tragici e sanguinosi.

Senz’altro, però, in quelle vicende trova conferma ciò che sta emergendo da anni e che diviene più che mai evidente con la pandemia da Covid-19 e con le sue conseguenze: cadono i “modelli”. Non vi sono più “ricette” da idealizzare e da riproporre, né strade già battute che attendono solo di essere percorse. Non si tratta più di imitare. Si tratta piuttosto di contribuire, con umiltà e tenacia e senza pigrizie, a una ricerca condivisa: provando magari a dar vita e linfa a una qualche internazionale delle idee e delle esperienze migliori.