Il primo partito d’Italia che porta una donna a ricoprire per la prima volta la carica di Presidente del Consiglio si chiama Fratelli (e non Sorelle).

Ma quanto ha pesato il fatto che leader di FdI sia una donna? FdI è passato, in 9 anni, dal 1,9% del 2013 al 28% del 2022.

Vuol dire che gli italiani sono diventati “fascisti” in massa? E in massa “antiabortisti”?

Non crediamo che sia così. Pesiamo che il successo della Meloni dipenda in parte dalla insoddisfazione rispetto a governi precedenti eterogenei, che hanno dato l’impressione di un attaccamento al potere a prescindere dalla volontà popolare. Si sapeva da tempo che tirava un vento favorevole al centro-destra. Ma invece di mettersi a studiare quali proposte si potessero fare per invertire la tendenza, a sinistra si è preferito ignorare il Paese. Le ultime tornate elettorali hanno espresso l’insoddisfazione dei cittadini verso chi ha avuto responsabilità di governo, non premiandoli e buttandosi su nuove proposte purchessia. E con l’astensionismo.

A sinistra sono rimasti dei vuoti, degli spazi “non presidiati” su temi molto sensibili per i cittadini. A partire da quello di una valorizzazione specifica della presenza italiana negli ambiti internazionali.

La Meloni non è stata percepita come “fascista” da chi l’ha votata, bensì come una leader che, anche a livello internazionale, si sarebbe battuta contro ogni norma, nata da motivazioni pretestuose o peggio, da interessi di concorrenza, che penalizzasse le produzioni e gli interessi italiani. L’adesione all’Europa, all’atlantismo non deve significare subire i diktat della burocrazia europea (compresa la famosa “misura dei cetrioli”).

E veniamo a chi dice che il fatto che ci sia – per la prima volta – una donna a capo del Governo, non garantisce automaticamente che faccia una politica a favore delle donne. D’accordo. Bisogna attenderla alla prova dei fatti.

Ma, per coerenza, questo dovrebbe valere pure per le “quote” e per le “azioni positive” dei contratti: assicurare un maggiore equilibrio nella presenza femminile nelle carriere non si può considerare automaticamente garanzia né di merito, né del fatto che la conquista di ruoli di dirigenza significhi sostegno “a cascata” a carriere femminili.

Quando ero nella CGIL Scuola e Università, responsabile delle politiche femminili era un uomo. Poi quella responsabilità fu affidata a me, ma la gestione precedente non fu criticata. A parte qualche ironia, nella sostanza si riteneva che un riequilibrio maschio/femmina fosse nell’interesse generale del Pase.

La Meloni non è stata percepita, da chi l’ha votata, neppure come antiabortista: lei e i dirigenti del suo Partito hanno ripetuto in tutte le sedi, compreso – nero su bianco –nel Programma elettorale, che la legge 194 non si tocca e che quello che si vorrebbe è semmai ampliare i diritti acquisiti dando attuazione pure all’articolo 5 che garantisce supporto anche “a chi ha dei dubbi o è in difficoltà economica”, rafforzando di quella legge ogni aspetto. La sinistra dovrebbe saper entrare nel merito, ad esempio sulla gestione dei sostegni, dei medici obiettori di coscienza ecc.

Semmai – la Meloni – è stata percepita come ostile a certe estremizzazioni del politically correct, a volte vissuto come “dittatura” con venature ridicole.

Demonizzare l’avversario, piuttosto che analizzare in quali punti esso è in grado di mettersi in sintonia con la gente, e sforzarsi di proporre soluzioni alternative, è il solito errore di chi ai problemi risponde con l’ideologia.

Ed è una vera cultura del riformismo quello che manca a questa sinistra. Il riformismo significa riaggiornare le analisi in relazione ai cambiamenti del contesto, dei nuovi problemi, del clima politico e sociale che muta. Tenendo presenti i valori di riferimento. È la grande lezione del riformismo socialista. Quella per cui la componente PCI del Sindacato mi diceva spesso “zitta tu riformista!”, come fosse un insulto. E invece è una lezione di cui si dovrebbe far tesoro.

I cittadini non hanno più fiducia nella classe politica che li governa. Non è più il momento in cui il referendum sulla scala mobile dava ragione a Craxi contro il PCI, perché il Pease aveva fiducia in chi faceva l’interesse generale e non in chi sventolava posizioni demagogiche.

I cittadini si ritrovano alle prese con problemi concreti sempre più pesanti, mentre i vari partiti si battono a colpi di ideologia.

Certamente è necessario vigilare affinché l’ideologia “della vita” non si traduca in pratiche aberranti come quelle cui assistiamo in alcuni degli Stati degli USA, con donne “costrette” a portare avanti la gravidanza in situazioni estreme, malattie, stupri ecc.

Il programma dei FdI sostiene di essere contro ogni genere di discriminazione e a sostegno della valorizzazione della donna in ogni ambito.

Aspettiamoli al varco.

E la sinistra si rifondi attraverso una forma-partito radicata nel sociale, cosa che ora manca. Finché il ‘partito’ è costituito da chi è amministratore o aspirante tale, ‘sinistra’ è una parola vuota.

E si rifondi – la sinistra – dando più spazio ai valori autenticamente riformisti e a chi li sa davvero rappresentare.