Nel corso degli anni Ottanta, il Pci e il Psi sostenevano due tesi almeno in apparenza inconciliabili. Per Botteghe Oscure “la questione morale era comprensiva di quella democratica”; la moralità del ceto e dei soggetti politici, dunque, era concepita come una precondizione, come il prius per il rinnovamento della nostra democrazia. Il Garofano rosso capovolgeva tale prospettiva: “la questione democratica era comprensiva di quella morale”. Dal buon funzionamento della democrazia (ricordiamo l’orizzonte della Grande riforma) sarebbe scaturita la migliore risposta alla corruzione. E tuttavia nel frattempo veniva persino teorizzata l’opportunità di “battere la Dc sul suo stesso terreno”, quello clientelare. 

Tutte le forze politiche, in ogni caso, erano inserite in “sistemi di potere”. Pier Ferdinando Casini, ad esempio, all’alba della seconda Repubblica, ancora rilevava l’onnipresenza, in Emilia Romagna, della Lega delle cooperative. Del resto, la frase rubata a un politico lucido e onesto come Piero Fassino – “abbiamo una banca!” – era a suo modo eloquente. 

Fenomeni figli, in definitiva, di una democrazia consociativa, fondata sulla lottizzazione, con i partiti che non si limitavano a fare da tramite fra società e istituzioni. 

Da osservatore piuttosto lontano, mi sembra invece di scorgere oggi, nel “Qatargate”, il volto stupido e impotente del potere. Autorità politiche relegate, quasi, al ruolo di portavoce di interessi e potentati esterni. Riascoltando i discorsi di quegli europarlamentari a sostegno della candidatura del Qatar, mi sembra di trovarmi al cospetto di ventriloqui. Persone tanto avide e corrotte quanto politicamente insignificanti. 

Va da sé la priorità, per tutti, di sostenere l’importanza del Parlamento di Strasburgo e di Bruxelles nella costruzione dell’Europa politica, illuminati dall’esempio non solo dei padri fondatori, bensì anche di donne e uomini luminosi come David Sassoli. Nello stesso tempo, l’idea dell’impotenza del potere come un tratto caratteristico dei giorni nostri, elaborata fra gli altri dal filosofo Giacomo Marramao, ci aiuta senz’altro a comprendere la questione morale odierna. Sì, perché un potere impotente può essere nello stesso tempo avido e arrogante.