2.1.2022 – Mario Artali si è appena affacciato su questo anno interrogativo che è il 2023, per un giorno solo. Ed è mancato, dopo alcuni mesi di difficoltà di salute, proprio il primo dell’anno, soprattutto dopo una vita molto intensa, durata dal 1938, con un impegno che ha sempre avuto a riferimento la città di Milano dove si è laureato in Giurisprudenza, di cui è stato prima consigliere comunale e capogruppo socialista a Palazzo Marino, poi parlamentare nella prima parte degli anni ’70, vicino alla figura rilevante di Aldo Aniasi.
Da Aniasi Mario ha ereditato sia la presidenza della FIAP (la federazione dei partigiani – a cominciare da quelli di Giustizia e Libertà, ma compresi anche i mazziniani e i matteottini – che nei lunghi anni della guerra fredda non si riconoscevano nell’ANPI, associazione legata all’Unione Sovietica; sia la presidenza del Circolo De Amicis che lo stesso Aniasi fondò in pieno ’68 a Milano alla presenza di Pietro Nenni e Bettino Craxi per creare un centro di iniziativa e di relazione civica sui temi del socialismo riformatore, sui temi dello sviluppo metropolitano di Milano e sulle più rilevanti questioni di politica internazionale.
Questa Federazione e questo Circolo – insieme alla Fondazione “Aldo Aniasi” – sono stati tanto i luoghi quanto la famiglia politica con cui Mario ha proseguito il suo impegno, politico e civile, anche dopo la sostanziale scomparsa del Partito Socialista in una costante tessitura di iniziative in cui si sono avvicendate generazioni e in cui memoria e discussione sul presente e sulle prospettive hanno accompagnato mezzo secolo di vita milanese e italiana.
La FIAP oggi è presieduta da Luca Aniasi e il Circolo è destinato certamente a generare adeguati sviluppi per una città che ha molto bisogno di rinnovato dibattito pubblico.
Con lui ho avuto veramente una lunga amicizia. Iniziata nei primi anni ’70, ai tempi mi occupavo di diritti umani e il sindaco Aniasi mi chiese di contribuire all’organizzazione del convegno dei rappresentanti dei movimenti di liberazione delle colonie portoghesi che avevano scelto Milano per lanciare la campagna internazionale di solidarietà nella fase decisiva della loro decolonizzazione. Conservo ancora una fotografia del sindaco, affiancato da Artali e da me, con i rappresentanti di quei movimenti sotto la grande e storica tela di Pelizza da Volpedo (fotografia che fa parte dell’archivio “risorgimentale” dei tre paesi africani divenuti indipendenti tra il 1974 e il 1975).
Poi la frequentazione romana, perché, dopo aver fatto il parlamentare dal 1972 al 1976, Artali ha sempre mantenuto – anche attraverso ruoli manageriali (è stato, tra l’altro, presidente della SME nel gruppo IRI e in anni più recenti si è occupato di farmaceutica nel gruppo Sigma-Tau) – relazioni con la “capitale”, argomento che alla fine articola un po’ la posizione dei milanesi riguardo ai rapporti con Roma, tra i perplessi di tradizione e chi, in fondo, pensa che l’Italia cammini sulla necessità di intendersi tra queste “due capitali”.
E poi, naturalmente, l’assiduità degli eventi al De Amicis, in cui si sono mantenute negli anni anche le relazioni personali di una rete che non ha coltivato nostalgie ma che si è dedicata sempre allo sguardo critico e costruttivo nei confronti dell’evoluzione di Milano città iscritta nelle ineludibili storie dell’Italia e dell’Europa.
In ogni caso, la comunità da cui Mario si congeda in questo avvio di 2023 gli ha sempre riconosciuto grande vitalità, grande senso della memoria collettiva, grande tessitura di rapporti tra le generazioni alla quale anche la sua personale famiglia (la moglie Bruna e i figli) ha sempre contribuito con affabilità mentre Giorgio Cavalca ha affiancato Mario con amicizia e competenza gestionale.
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