Nel 2008, in un articolo su Repubblica, Giorgio Ruffolo scrisse : “Io per me ho deciso di morire socialista. Data l’età, non si tratta di un impegno di lunga lena”.
Due anni dopo gli chiesi di tornare su questo pensiero, ma nel quadro di una ampia riflessione sul 150° dell’unità d’Italia.
Era un ciclo di colloqui che con Gigi Covatta avevamo immaginato per Mondoperaio. Per i comunisti Luciano Barca, per i cattolici Giuseppe De Rita e Piero Bassetti, per i socialisti Giorgio Ruffolo, per i repubblicani Antonio Maccanico, per i liberal-radicali Marco Pannella. In conclusione Giuliano Amato presidente del comitato per le celebrazioni. I testi sono nell’archivio di Mondoperaio e alla notizia oggi della scomparsa a 96 anni – a differenza di quel che pensava Giorgio, è stata “una lunga lena” – propongo il link a quel dialogo, dove ci sono molte cose di lui e del suo impegno civile, intellettuale e politico.
Siamo ancora in molti a ricordarlo, elegante, flemmatico, con quella voce meravigliosa, parte di una classe dirigente, di un sistema di competenze, capace di leggere la storia e di ingaggiare sfide con l’economia. Il suo “Un paese troppo lungo” (del 2009), tra una ventina di testi che hanno accompagnato la sua vita di economista (laureato in giurisprudenza), di parlamentare, europarlamentare, ministro, è stato al tempo stesso un aggiornamento del meridionalismo classico e una profezia sullo strappo nord-sud di quest’ultimo ventennio. Il suo “Il capitalismo ha i secoli contati” (2008) era una moral suasion per quella sinistra che leggeva il fenomeno in forma troppo recente e prossimo alla autodistruzione. Un confronto ingaggiato fin dagli anni ’50.
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