di Nicola Savino

Quando se ne fallisce la presa, la brocca rischia di cadere in mille pezzi. Vale per “l’auto-castrazione” dei parlamentari: che é vissuta da molti come una ghigliottina liberatrice, ma che, a parte le considerazioni di principio, rischia d’immobilizzare il “potere deliberante”. A fronte di una situazione che Il Sole 24 Ore del 21 febbraio definisce “all’ultimo giro”, e lo stesso presidente del Consiglio come bisognosa “di una cura da cavallo”. Già la Cassa integrazione era cresciuta del 90 %, gli investimenti crollati sino ad avallare le preoccupazioni della Banca d’Italia (Visco, 8 febbraio), con la difficoltà di mantenere le pur modestissime previsioni dell’ ultima finanziaria: poi l’autentico disastro del coronavirus, che blocca praticamente il paese, imponendo conseguenze chissà per quanto tempo.

E’ dunque in questo scenario da brividi che si vorrebbe smontare il motore per la revisione “semplificatrice” che lascerebbe in carica un Parlamento fantasma, obbligato a ristrutturarsi radicalmente: come dire che “a coloro che vuol perdere il Signore toglie il senno”. Che fine farebbero le 14 Commissioni (senza contare le speciali) e le 3 Giunte per ciascuna delle due Camere? Ed in quanto tempo sarebbero modificati i Regolamenti, assolutamente centrali nell’attività parlamentare? Si raggiungerebbe la maggioranza qualificata per tali modifiche? Poiché il ridimensionamento generale degli assegnati implicherebbe la diminuzione aritmetica per le liste minori, con quali nuove norme si provvederebbe alla loro partecipazione nelle suddette Commissioni? Forse riducendone il numero, cioè “tagliando” i problemi di cui ciascuna si occupa? Un solo esempio: nella VII Commissione della Camera, che tratta di scuola (dall’ora di religione al nuovo web, dal diritto allo studio all’edilizia scolastica), di università e musei, di cinema e tv, di biblioteche e cultura in generale, quali temi saranno aboliti? Un bel lavoro, oltre i problemi pratici dell’emergenza sanitaria e delle aule alternative per i lavori di adeguamento.

Insomma, il motore del sistema smontato proprio mentre urgono questioni sia economiche che sociali di eccezionale gravità: con il virus purtroppo ancora in giro ed il Mezzogiorno ancora più in crisi per la deviazioni di ulteriori risorse a compensare la crisi del sistema produttivo settentrionale. Chiediamocelo: tutto questo per risparmiare lo 0,0002 o per rabbia contro la “classe politica”? Magari con il masochismo di chi si castra “per far dispetto alla moglie”? Infine: si obbedisce ad un Parlamento che si decurta da sé per obbedire ai capi alla continua ricerca di popolarità, e non si coglie la contraddizione dell’avallo che confermando il taglio si dà proprio a coloro che hanno generato gli odiati burattini. Una follia che sembra essersi diffusa “contro i partiti” con velocità maggiore del coronavirus.

A proposito dei partiti, un mio antico alunno messaggiava: “Ti aspetti che siano i cittadini a rigenerarli? Auspicabile, ma idealistico. Il programma 5stelle aveva proprio questa ambizione, sostituendo gli eletti con i portavoce del popolo: non solo votati ma anche candidati dal popolo. Ma il progetto è fallito”. Caro Francesco, accantonando il difficile concetto di “popolo”, dovremmo anche chiederci come emerse – nel M5s – colui che diresse l’intera invenzione: fu scelto dal popolo? Hai ragione che è idealistico aspettarsi la rigenerazione dei partiti dai cittadini. Ma dobbiamo poi accettare due conseguenze: che la rigenerazione non può venire dal Rousseau con un sì o un no su quesiti dettati dall’autoproclamatosi Capo o Garante; e che la sede più “intelligente” resterebbe proprio il Parlamento, se il “popolo” riuscisse a preparare, candidare e scegliere i suoi membri “migliori”: per l’intelletto logico e morale necessario a guardar lontano, oltre il futuro dei figli perché, alfine, occorrerebbe appunto il meglio dell’intellighenzia! Ma eccoci allora tornati al manico della brocca: che, se non lo vuoi né individuare né afferrare nei tempi e con l’energia giusta, rischi di farla cadere in frantumi! Di questo manico si avanzò proposta alla caduta del Muro, nell’89, per l’applicazione dell’art. 49 della Carta! Il non averlo fatto allora, ci ha consegnati prima al populismo berlusconiano e poi alla tragedia di Mani pulite ed alla china che ora sperimentiamo con la follia dell’autocastrazione. Rifiutandola, potremmo ora premere per attuare l’art. 49 ed imporre l’adozione del “metodo democratico”: l’unica possibilità di rigenerare i partiti quali indispensabili strumenti pubblici di partecipazione (anche nella scelta delle candidature ed alla soluzione dei problemi). Quindi da sottoporre a controllo pubblico forse attraverso le stesse Assemblee da rinnovare ai vari livelli. Questo credo il manico predisposto dai Padri costituendi! Il “sistema” è stato fin qui troppo debole per riformarsi e tale continua ad essere? La via maestra non resterebbe che l’Assemblea Costituente, come da non pochi lustri indicato dal Direttore di Mondoperaio! L’alternativa essendo la crisi della Democrazia: cioè, passo dopo passo, la brocca in frantumi