Dovremmo essere solo che contenti che l’attuale Presidente del Consiglio abbia deciso di far cessare, con la fine di giugno, quella misura, introdotta dal ConteBis, che prende il nome di cashback. Un provvedimento che riassume al meglio l’inadeguatezza e l’ingiustizia sociale dell’azione del “governo riformatore” rivendicata da Giuseppe Conte. Già a dicembre il centro studi della CGIA di Mestre dimostrò (ma non ci volevano complicati calcoli per capirlo) come il cashback avvantaggiasse di fatto, con i suoi rimborsi, solamente coloro i quali possiedono un’alta capacità di spesa, concentrati nelle regioni del nord del Paese.
Non solo, il mantenimento del cashback costerebbe all’erario 4,7 miliardi in due anni. In sostanza, tasse pagate da tutti i cittadini, a servizio di una misura che però avvantaggia i più ricchi, i soli in grado di ottenere i rimborsi più alti a fronte di una possibilità economica maggiore, quella stessa possibilità economica che a rigor di logica escluderebbe il bisogno di essere rimborsati delle spese.
D’altra parte, non si è trattato dell’unico caso in cui il governo dei bonus decise di distribuire mancette a tutti indiscriminatamente: basti pensare a quell’assurdità del bonus bicicletta, richiedibile tanto da un giovane studente lavoratore, quanto da chi non ha normalmente bisogno di fare i conti per arrivare a fine mese.
Insomma, un pernicioso populismo assistenzialista, che illude le fasce più povere della popolazione e che fa sorridere di compiacimento i più ricchi. Un aspetto enorme e ingombrante, di cui però non sembrano essersi resi conto il Partito Democratico (che queste politiche le ha sposate in pieno e le ha portate avanti) e quanti vedono in Conte e in quell’esperienza di governo un riferimento per il centrosinistra. Non è forse tutto ciò il contrario di quello che dovrebbe fare una sinistra al governo?
Andrea Frizzera
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