Vorrei provare ad intessere un dialogo virtuale con una Ministro, partendo dalle sue considerazioni riportate in Premierato, pro e contro, su «La Stampa» del 10 dicembre 2024.
Viene affermato che la proposta del presente Governo sia “neoparlamentare, più somigliante cioè al parlamentarismo inglese che al presidenzialismo”; ancora, che “nel programma del centrodestra c’era il semipresidenzialismo alla francese […] ho virato verso il premierato, cercando di migliorare il modello israeliano”; ancora, che “non vedo una logica di vincitori e vinti, ma di una maggioranza che governi e di un’opposizione che sia propositiva”; ancora, che “l’elezione diretta può […] rafforzare il principio della sovranità popolare e in definitiva la democrazia”; ancora, che “è vero che il Parlamento è stato marginalizzato negli anni, anche per la decretazione d’urgenza, ma non c’entra con questa riforma che anzi favorisce il rapporto tra Governo e Parlamento”.
Andiamo con ordine, perché vengono affastellate e confuse, probabilmente con intenzionalità, diverse questioni. Stabiliamo subito che il presidenzialismo, che è il modello statunitense, è assai diverso dal semipresidenzialismo francese, e che questo ultimo è assai più distante dal parlamentarismo inglese di quanto non lo sia il presidenzialismo statunitense. Queste affermazioni, anche se liberamente confutabili da chiunque, poggiano non tanto sul dato formale del voto di fiducia/voto di sfiducia del Parlamento al Governo, quanto sulla oggettiva capacità del Parlamento di svolgere la sua specifica funzione di legislatore. Nel sistema statunitense il Parlamento può legiferare separatamente dal Governo, nel sistema inglese (e tedesco) il Parlamento può legiferare a prescindere dal Governo, nel sistema francese il Parlamento non può legiferare senza il Governo. È quest’ultima la stessa condizione in cui versa anche il sistema italiano, sin dal 1848. La proposta dell’attuale governo, analogamente a quella bocciata dal referendum del 2016, vuole fissare in Costituzione questa condizione, che è diciamo la costituzione materiale del nostro sistema di governo. Detta in questo modo potrebbe sembrare una inezia, ma la gravità delle conseguenze della formalizzazione in Costituzione dell’asservimento del Legislatore all’Esecutivo è tutta nel fatto che tale formalizzazione la renderebbe pressoché irreversibile. Infatti attualmente questo asservimento è solo il frutto di un cattivo costume dei soggetti politici-parlamentari (data anche la mancata attuazione dell’articolo 49 Cost.), che la Costituzione del 1947 non impedisce. Alla tolleranza verso questa cattiva prassi si vuole sostituirne l’obbligo, onde evitare che nel futuro una compagine parlamentare consapevole possa decidere di definire un indirizzo alla legislazione nazionale autonomo rispetto alle indicazioni di un governo in carica. Dietro l’asservimento del Parlamento al Governo c’è la ulteriore perenne prassi delle funzioni amministrative svolte con la veste della normazione parlamentare, che tanto più piacciono ai governi (ed alle amministrazioni pubbliche) quanto più deresponsabilizzano dalle conseguenze politiche, amministrative, contabili, civili e penali, degli errori commessi. Questa seconda insana prassi distorce il senso della gerarchia delle fonti (facendo fare alla legge tutto), vanificandola, rende labile lo Stato di diritto, e blocca le attività pubbliche e private, sempre in attesa di un decreto-legge.
Quanto sia intenzionalmente, maliziosamente, equivoca tutta la proposta del Governo si può ulteriormente disvelare quando si ponga anche semplicemente mente al fatto che si stanno spacciando due elezioni di organi distinti, Parlamento e Presidente del Consiglio dei ministri, come una unica elezione, e due funzioni distinte, quella di governo e quella legislativa, come una unica funzione in capo al Governo, anzi, pardon, al Capo del Governo. Anche senza voler dare una coloritura storica politica ad un disegno di questo tipo, questi passaggi, che possono passare quasi inosservati (data l’attenzione mediatica sulle residue prerogative del Presidente della Repubblica), sono la negazione alla radice degli stessi fondamenti del diritto costituzionale, della scienza politica, della filosofia politica.
Al contrario delle parole della signora Ministro, il premierato c’entra assolutamente con la decretazione d’urgenza, perché il suo scopo precipuo è proprio quello di fissare in Costituzione che il Capo del Governo tiene in pugno una maggioranza parlamentare eletta in blocco con lui, che tale maggioranza garantisce la ratifica di qualunque atto del Governo, che pertanto la decretazione è la via maestra per qualunque atto, normativo, di governo, amministrativo, che al “continuum” Parlamento-Governo (tipico delle forme parlamentari) si sostituisce una nuova forma di governo, costituita dalla “fusione” tra Parlamento e Governo, o meglio, dall’assorbimento del Parlamento nel Governo Monocratico.
Sarebbe piò onesto e diretto proporre l’abolizione del Parlamento, l’assunzione delle due funzioni da parte di un vertice monocratico di un solo Potere (che potrebbe battezzarsi come il Governo della Nazione, ovvero la “Nazione”), che già che ci siamo potrebbe anche richiamare a sé la funzione giudiziaria.
La sovranità popolare ridotta alla facoltà di votare/acclamare un Capo di tutto, non è più tale, bensì è anche un “tornare allo Statuto” Albertino, in cui la sovranità era della Corona ed in cui la rappresentanza della nazione in capo a tutti i deputati (art. 41 St.Alb.) non era che il velo che copriva l’autocrazia.
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