Siamo giunti oggi ad una crisi di sistema, dovuta agli eccessi del censo politico, ma soprattutto al collasso, per difetto e non per eccesso di ideali, dei partiti. Difetti che si chiamano ‘predellino’, neo guelfismo democratico, populismo e giustizialismo. Ma veniamo al punto.
La seconda repubblica nacque, oltre che sulla menzogna, su una coordinata ben precisa: il bipolarismo. Tanti erano i sostenitori più convinti, tra questi Fini, Rutelli, Casini, gli stessi che oggi raccontano che l’Italia non ha bisogno di un scenario politico netto e fortemente bipolare. Ma si sa gli amori iniziano e finiscono; allora eccoci qua nel riaprire vecchi e nuovi scenari.
La direzione che in queste settimane è chiara: “ Fermare il declino “ capeggiata dall’ economista Oscar Giannino, Italia Futura Creatura di Luca Cordero di Montezemolo ed il cosiddetto terzo polo grazie anche all’attuale situazione politica creata dagli odiati ed amati “tecnici” se bene ancora in modo frammentato, sta ampliando il proprio peso politico legato ad un mondo, quello dei moderati e sta rafforzando.
Il 17 novembre infatti è andata in scena la grande kermesse organizzata da Luca Cordero di Montezemolo al momento vero deus ex machina di questo schieramento, almeno in termini di immagine. Il titolo dell’ iniziativa è stato “Verso la terza Repubblica” un incontro nato spontaneamente per volere della società civile, così vogliono far intendere, e che vuole Monti dopo Monti. Dalle prime file, tutto può sembrare, tranne che il battesimo di una nuova forza nata sulle coordinate del liberalismo e del civismo. Infatti gli alfieri di Montezemolo seduti in prima fila e co-organizzatori della convention dal nome “ verso la terza Repubblica” sono: Andrea Riccardi, Raffaele Bonanni, Andrea Olivero e Lorenzo Dellai. Il primo un fervido cattolico prestato al montezemlismo da bere, il segretario della Cisl un sindacalista che dovrebbe essere antropologicamente in antitesi al mondo del capitalismo, Olivero Presidente delle Acli, secondo alcuni ben informati Né Bonanni né Olivero hanno  il consenso all’ interno delle proprie organizzazioni in merito a questa operazione politica. Dulcis in fundo Dellai un democratico della prima ora pentito. Insomma un progetto zoppo ed improvvisato dalla nascita, come è stato il discorso di Montezemolo nelle conclusioni, una babele politica che ha come unico scopo avere un “Monti bis” per conservare lo status quo nei salotti del potere, e c’è per fino chi, come Rosy Bindi ha affermato con ironia :” che non è improvvisando che si ricostruirà la Democrazia Cristiana.
In tutto questo quel che resta del Pdl dovrà necessariamente cambiare sia rotta che leader. E’ evidente infatti che i moderati saranno in breve tempo tutti collocati nel terzo polo, come è lapalissiano che la leadership di Alfano, leader che ha dilapidato quasi 20% dei voti in meno di un anno, che aveva puntato da subito sulla costituente dei moderati, ha esaurito la spinta propulsiva.
Infatti tra l’originale (Casini) e una copia (Alfano) non ci saranno tanti dubbi nello scegliere il primo che è sicuramente più l’erede naturale di Sturzo e De Gasperi che non della Carfagna o della Gelmini. Al Pdl dunque non resta che reinventarsi un partito liberal conservatore con una nuova guida che sposti l’asse più a destra, verso gli ex An, per costruire anche in Italia una destra moderna; impresa resa oggi ancor più difficile dalla ingombrante e mai tramontata presenza di Silvio Berlusconi.
Questo potrebbe essere possibile se alle primarie indette dal Pdl per il 16 dicembre Giorgia Meloni una delle candidate, vincesse le primarie, ma secondo i beni informati l’ attuale segretario sarà molto probabilmente il competitor da battere, ma chi lo dovrà battere non lo è dato sapere, visto che a parte l’ ex Ministro della gioventù, tra l’altro ostracizzata dagli ex colonnelli di AN, gli altri candidati comparsa saranno: Giancarlo Galan, Gianpiero Samorì, Daniela Santanchè, Guido Crosetto, insomma tutti in piena continuità con il senso del ridicolo del passato, anche un eventuale ritorno, quasi certo di Berlusconi, di “gattopardiana” memoria.
Nel nostro campo, quello della sinistra, il 13 ottobre scorso è stato siglato il “patto tra progressisti”, questo è il nome dell’ alleanza, è sorto a  seguito della firma della carta d’intenti dal nome “ Italia bene comune “, tra Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola e  Riccardo Nencini, rappresenta una novità per il nostro Paese, è la sintesi  politica di una coalizione che ha l’obbiettivo ambizioso di far cambiare  rotta al Paese, allontanando gli spettri del neoliberismo che hanno negli  ultimi decenni impoverito l’Europa, come in Italia, ma anche quello di  chiarire definitivamente il ruolo di giustizialisti e delle cosiddette  ‘forze antagoniste’ nella dialettica democratica e politica.
Prima di intraprendere questa  nuova alleanza però, con pari dignità e in  piena autonomia, i socialisti si sono premurati di avanzare alcuni impegni  da sempre presenti nel proprio background, per questo irrinunciabili:  patrimoniale sulle grandi ricchezze, una scuola pubblica da difendere e  rafforzare, più investimenti nella ricerca e nell’università e forte  sostegno alle politiche per l’occupazione giovanile e femminile,  abbassamento della pressione fiscale sugli stipendi, laicità dello Stato.  Infine, la costituzione di una piattaforma europea in cui si riconoscano tutti i riformisti che si richiamano al socialismo europeo.
In questi ultimi anni abbiamo attraversato, non con poche difficoltà, un  ventennio di monarchia berlusconiana, il mito dell’uomo solo al comando,  un fallimento politico che ci ha portato in una crisi di sistema  nazionale, con la conseguente perdita di credibilità anche a livello  internazionale, dove i maggiori Capi di Stato non avevano più nessuna  considerazione del nostro Paese; non a caso si è dovuti sospendere la  democrazia interna chiedendo alla tecnocrazia un’urgente terapia  riabilitativa per non rischiare il default. Grecia docet.
Anche i socialisti hanno vissuto momenti difficilissimi dopo la débacle  elettorale del 2008. Da quel momento un nuovo gruppo dirigente con a capo  Riccardo Nencini, al congresso di Montecatini, decise di ricomporre un  puzzle impazzito e disgregato.
E Nencini, senza mai demordere, è riuscito in questi ultimi cinque anni  insieme a migliaia di militanti a mantenere ferma la rotta, perché  l’Italia ha bisogno, come d’altronde accade in tutti Paesi europei, di  avere una forza socialista.
L’ Italia ha la necessità di ridefinire una propria identità: politica,  economica e sociale. Al recente congresso del Pse svoltosi a Bruxelles,  che ha riconosciuto tra l’ altro il PSI come l’unico partito in  rappresentanza dell’Italia, si è parlato tanto della situazione italiana,  e tutti i leader europei socialdemocratici hanno asserito che l’Europa ha  bisogno di un Italia più competitiva, più moderna ed europeista, che non  venga assolutamente più governata da una destra populista ed incapace.
Come ormai a tutti è noto in campo sono scesi: Pier Luigi Bersani, Nichi  Vendola e Matteo Renzi, una sfida vera tra candidati autorevoli ma con  profili antropologici, politici e personali in antitesi tra loro.
Volendo banalizzare, come spesso i media fanno, il primo è un riformista,  il governatore pugliese un candidato di sinistra con accenti ancora  antagonisti e dulcis in fundo il Sindaco di Firenze un liberal che cerca  sostegno dall’ alta finanza ed in passato con ammirazione lanciava   endorsement alle politiche industriali di Marchionne che ledevano i  lavoratori Fiat.
I socialisti dunque a queste primarie, hanno fatto una scelta  ben precisa, hanno sostenuto  Pierluigi  Bersani e lo sosterranno fino al ballottaggio del 3 dicembre. Infatti su tutto il territorio nazionale  hanno costituito oltre 750 comitati socialisti per  Bersani, che senza dubbio sono stati fondamentali al raggiungimento del 44% dei voti totali al primo turno.
La scelta socialista è maturata sulla base di un ragionamento di affinità  politica e non per mera opportunità.
Sostenere Bersani è la conseguenza di un ragionamento politico. Con i vertici del socialismo europeo, ma soprattutto dopo averne discusso  in precedenza con i nostri segretari regionali e nella segreteria  nazionale del partito, abbiamo convenuto che il Psi e i partiti che si  riconoscono nell’alleanza dei progressisti  e intendono concorrere alla  definizione di un programma di governo coerente con le idee e le proposte  del Pse, sostengano, ciascuno in modo autonomo, la candidatura di Pier  Luigi Bersani alle primarie che designeranno il candidato premier della  coalizione.
Bersani ha una concezione della politica che meglio si concerta con la  quella socialista.
Crede nel ruolo che i partiti svolgono nel sistema democratico del paese,  ruolo riconosciuto dalla Costituzione, antepone sempre il noi all’ io, ma  soprattutto ha una visione economica e del Paese reale da uomo di sinistra  e progressista, e l’ apprezzamento nei suoi confronti da parte dei  maggiori leader europei come François Hollande, Segolene Royal, George  Papandreu, Martin Schulz, Ed Milliband, lo dimostra.
Di questo ne siamo convinti anche alla luce di quanto accaduto al termine della prima tornata elettorale del 25 novembre.
Il primo atto è andato in scena. Infatti dalle urne, è emerso un dato fondamentale: i cittadini hanno voglia di partecipare alla vita politica del Paese, gli oltre 4 milioni di votanti che si sono rifiutati di essere sodali di quella deriva populista tanto amata dal grillismo, ne sono una riprova.
I candidati che hanno riscosso più gradimento, non è una sorpresa, sono stati Pierluigi Bersani, Matteo Renzi e Nichi Vendola.
Il primo candidato, come tutti sanno, sostenuto da gran parte del PD e dal PSI, ha stravinto nelle regioni del SUD e un po’ ovunque, tranne in Toscana ed in Umbria; il Sindaco fiorentino invece la sorpresa, ormai annunciata da tempo, ha tenuto il passo, mentre il presidente regionale pugliese, come prevedibile, ha perso di una incollatura nella sua regione, ma è risultato terzo quasi ovunque.
Prima del ballottaggio dobbiamo fare un ultimo sforzo e perché un nuovo centrosinistra ed una rinascita culturale e sociale dell’Italia è possibile.
Bisogna crederci perché il popolo di centrosinistra, che si è riappropriato dell’interesse per la politica, è il primo vincitore ideale e morale di queste primarie e non va deluso o abbandonato. Bisogna crederci perché un’altra vittoria culturale di queste primarie è stata la “Politica”, infatti è evidente a tutti di come i 5 candidati abbiano parlato finalmente al corpo elettorale di programmi e idee, regalandoci una bella pagina di democrazia, facendoci dimenticare dunque, almeno per un po’, le vicende legate ad una cattiva politica che non ci appartiene e non ci piace, come quelle del caso Lazio o di quello della Lombardia, con i Fiorito, i Maruccio e gli altri.
Bisogna crederci, perché abbiamo dimostrato che un partito organizzato con i suoi militanti e la sua storia è “vintage”, ma anche “cool” e che senza l’organizzazione degli “apparati” – per i renziani un vocabolo che rappresenta il turpiloquio della democrazia, ma che per noi significa invece  solo l’organizzazione del consenso democratico in sezioni e sedi provinciali e regionali – il sindaco fiorentino non sarebbe oggi neppure al ballottaggio.
Bisogna crederci perché queste primarie verranno ricordate anche e soprattutto per la correttezza e per il clima di assoluta trasparenza nel quale sono state svolte; infatti per la prima volta in 60 anni di democrazia costituzionale alla fine di una tornata elettorale nessuno ha urlato ai brogli e tutti i candidati si sono complimentati con i due meritevoli di accesso al secondo turno. Bisogna crederci anche per chi, come noi socialisti, ha lavorato seriamente alla vittoria di Bersani, approfondendo ancor di più le ragioni di un sostegno convinto alla candidatura del segretario del PD.
Due sono le ragioni alla base di questa convinzione. La prima è una coordinata tematica che collima con una visione presente e futura della società che è parte del DNA politico del segretario Pd. Noi socialisti, come Bersani, su temi quali welfare inclusivo, diritti civili, politiche del lavoro, politiche industriali, relazioni internazionali, Europa, abbiamo una visione sostanzialmente diversa da quella di Renzi.
La seconda è una questione tutta politica e di prospettiva. Infatti Bersani non è mai stato folgorato dal sogno di un PD a vocazione maggioritaria, anzi, crede che in un futuro prossimo un rassemblement della sinistra italiana sia praticabile e doveroso, al fine di creare anche in Italia le condizioni per la nascita di un grande e plurale Partito progressista e socialista, come è in tutta Europa.
La nascita di un grande contenitore progressista, non è solo una idea di Bersani, ma anche di oltre 200 giovani militanti del PSI, del PD, giovani democratici e giovani socialisti firmatari di un appello pro Bersani per una svolta socialdemocratica del Pd in Italia come in Europa. Insomma vuole essere l’idea di tutti quelli che comunque non voteranno Renzi per ideologia, come ha affermato Vendola, o che voteranno palesemente Bersani, un candidato premier credibile, che oltre ad avere le carte in regola per poter governare il Paese, ha anche la volontà di dare vita ad un nuovo corso della sinistra progressista in Italia, per poter finalmente offrire una nuova proposta politica al Paese credibile e di sinistra, davvero progressista nel solco del Partito Socialista Europeo.
Non crediamo certamente, a differenza di quello in cui credeva Tommaso  Moro nella sua “isola di utopia”, che nei prossimi mesi si possa rendere  perfetto il nostro Paese, ma siamo certi che con il sostegno dei  socialisti, Pier Luigi Bersani sarà il candidato Premier alle prossime  elezioni e potrà vincerle, così da cercare soluzioni strutturali alle emergenze sociali del Paese. Ecco perché riteniamo opportuno ribadire ai socialisti di rivotare anche il 3 dicembre Bersani.

Luigi Iorio (Coordinatore comitati socialisti per Bersani)