Negli ultimi due anni in Grecia sono state tagliate drasticamente le pensioni, sono stati licenziati a migliaia gli impiegati statali, sono state ridotte significativamente le prestazioni sociali. Ma l’opinione pubblica europea non ha fatto una piega (quando non ha fatto il tifo per la troika e i suoi diktat). Ora insorge perché è stato toccato il servizio pubblico radiotelevisivo ed un paio di migliaia di addetti sono rimasti in mezzo a una strada.
La vicenda la dice lunga sull’autoreferenzialità dell’informazione, e sulle solidarietà di cui gode la corporazione che la governa. E la dice lunga anche su quella “eccezione culturale” evocata più o meno a proposito per motivare la sollevazione di tanta bella gente, ed utilizzata invece a proposito per giustificare lo spreco del denaro pubblico nei mille rivoli clientelari che confluiscono nel grande e limaccioso fiume delle attività culturali protette.
Fellini e Pasolini, De Sica e Rossellini non ebbero bisogno di “eccezioni culturali” per misurarsi con le produzioni holliwoodiane. Mentre la creatività della nostra industria culturale sembra essersi spenta da quando è protetta da incentivi e regalìe. E’ il caso di parlarne, prima di unirsi al coro che in Italia non a caso è guidato dal “partito Rai”, l’unico partito sopravvissuto alla prima e alla seconda Repubblica.