Le anticipazioni del Rapporto Svimez 2015, al di là dei singoli aspetti e dei dati particolari, pur importantissimi, ripropongono forse il Mezzogiorno d’Italia come decisiva questione nazionale ed europea. Molti di noi, infatti, negli ultimi lustri si sono persuasi dell’esistenza di tante “Italie”, non di due soltanto. In ciò vi è di certo un fondo di verità. Non può però trattarsi di un modo raffinato per ignorare le contraddizioni e i problemi nuovi e antichi del Sud.

Stride poi il contrasto fra tali “fotografie” socioeconomiche e la sostanziale incapacità di offrire risposte e prospettive politiche. A quali “utopie concrete” si può fare oggi appello? Come ridestare la speranza e la fiducia (innanzitutto in se stessi) di milioni di cittadini?

La mia impressione è che si stia smarrendo la distinzione fra interventi di breve periodo e un lavoro faticoso e arduo, e tuttavia necessario, di lunga lena. Senza uno sforzo politico-culturale di interpretazione dei fatti e di ricerca di soluzioni possibili rischiamo di restar fermi alla fase dello stupore, più o meno sincero.