Come dice la parola stessa, dovrebbe essere una cosa buona. Il problema è di stabilire chi ne fa parte. Le persone civili? Quella che non votano per Berlusconi ? Criteri, diciamo così, controversi e non scientificamente definibili.
Limitiamoci, allora, alla definizione comunemente accettata: secondo la quale è componente della società civile chiunque non sia un politico di professione. Una qualifica che però vale, singolarmente qualificata, meno di zero; perchè include mafiosi e suore di carità, luminari della scienza e olgettine, forestali siciliani e piccoli imprenditori delle valli bergamasche.
E allora, la “società civile” vale se “rappresentata” da questo o quell’ “esponente”. Un ruolo, attenzione, che non si raggiunge per designazione da parte di altri potenziali componenti della categoria, o per sorteggio, o per pubblico concorso; ma per “riconoscimento”; e da parte, guarda caso, dei politici. Sono loro, appunto i politici di professione, a ricercare affannosamente, prima di ogni appuntamento elettorale, o di una nomina importante, l'”esponente” da presentare.
E qui sorgono due ultime questioni: che riguardano le ragioni di questa ricerca; e, per altro verso, i criteri con cui viene condotta.
Sul primo punto, la risposta è facile. Si sceglie all’esterno di sè, perchè qualsiasi scelta interna al “sistema” può essere contestata in partenza esponendosi al meccanismo rovinoso delle primarie. Per quanto riguarda i criteri, si possono delineare due modelli. Quello berlusconiano; e quello Pd.
Nel primo caso, conta il “quarto d’ora fuggente”; lo spazio temporale, insomma, che il Cavaliere può potenzialmente riservare a tutti e, in particolare ad affaristi dalle lingua sciolta o a giovani donne dalla prorompente avvenenza. Nel caso del Pd, sembrano contare invece dati, diciamo così, più strutturali; e, in particolare, la provenienza e i legami familiari. Bene, così, i magistrati, gli accademici, i prefetti e/o altri “servitori dello stato”; determinante, poi, l’essere figlio (a), coniuge, fratello di vittime della mafia, del crimine organizzato o del terrorismo.
Criteri, come si vede, eticamente superiori a quelli berlusconiani; ma la cui funzionalità per la migliore governance del paese è, naturalmente, tutta da dimostrare.