Spesso, non senza ironia, si associa il nome di Nichi Vendola al termine narrazione. E in effetti “Sinistra Ecologia e Libertà” si muove su due piani: quello delle scelte concrete, più o meno condivisibili, e quello, appunto, del “racconto”. Del tentativo, cioè, di proporre un discorso che, partendo dalle contraddizioni del nostro tempo, individui alcuni punti cruciali: coniugare economia e ambiente, scorgere nell’immigrazione un’opportunità, far leva sulla differenza di genere per promuovere il cambiamento, rendere l’Italia più moderna grazie all’integrazione dei diritti tradizionali con i nuovi. E, in definitiva, ridestare soprattutto nei giovani la speranza e la fiducia nel futuro.
Tutto ciò, però, di solito resta sul versante delle enunciazioni e stenta a tradursi in iniziative e proposte. E gli esempi talora indicati sono in genere poco più che aneddoti.
In ogni caso la crisi, a tratti drammatica, che Sel sta attraversando nelle ultime settimane suscita un notevole interesse a sinistra, assai al di là dei suoi risvolti pratici, peraltro non trascurabili. Per quale motivo? Probabilmente quella “narrazione” viene percepita anche da molti che votano per il Pd come l’estremo tentativo di far vivere qualcosa del Pci, sia pure sul piano della suggestione e del “sentimento”. Si pensi ai discorsi contro il degrado della “civiltà dei consumi”, a favore della “frugalità”; si pensi a certe “atmosfere” ove i valori cattolici incontrano quelli comunisti, oppure al richiamo a una società “più giusta e più umana”. Insomma; sembra di udire quasi l’eco di Berlinguer. Magari di un Berlinguer non più condizionato dai vincoli della tattica e finalmente libero di sposare le istanze ingraiane. Insomma: il movimento di Vendola come metafora.
Ecco; è come se il tramonto dell’esperienza di Sel comportasse una sorta di definitivo addio alla “diversità comunista”, proprio quando ricorre il trentennale della morte del segretario più amato.