Qualcosa di serio è accaduto in questi anni all’intelletto nazionale, semmai ci fosse in Italia al giorno d’oggi. E lo si coglie nel modo in cui viene percepito e si reagisce allo stato presente della città di Roma e dei suoi abitanti, a stento e di rado chiamati/considerati cittadini: da loro stessi, prima ancora che da televisioni, radio e giornali. Lo si può cogliere sulla grande rete e nei social network, così intensamente animati da chi ci vive: i quali tutti, da anni, offrono conferma di quanto fosse fondata l’osservazione maturata a suo tempo da Carlo Levi oltre Eboli, nei paesi e nelle campagne dove la civiltà (si diceva) non era ancora arrivata: “Tutto diventa sentimento di impotenza o spirito di rivendicazione: e impotenza e rivendicazione non hanno mai creato nulla di vivo”.
C’è una relazione, un nesso, una qualche giuntura, fra lo stato presente della città di Roma e del pensiero locale e nazionale e l’avvento della post-modernità come pensiero e come azione, quale la abbiamo vista concepita e praticata in Italia negli ultimi decenni? Nel pensiero debole e pop, nel situazionismo della sociologia e della semiologia della società dello spettacolo e nel primato della politica che noi italiani abbiamo saputo così bene, tutti insieme, tener fermo nella nostra vita quotidiana pubblica e privata?
Siamo in grado di rispondere, e prima ancora di porre a noi stessi domande come queste? E poi a cercare, e trovare, risposte che a loro volta motivino e promuovano, con coerenza e continuità, attitudini mentali e pratiche di vita adeguate ai conseguenti cambiamenti? Questionando e litigando a questi fini fra noi? A casa, per strada, nel privato e nel pubblico (anche in Tv)?
Che fatica per le attuali generazioni, volentieri lasciata (si può capire) alle prossime. Tutto sommato, a pensarci bene, non è stato difficile né faticoso per noi italiani diventare così post-moderni. Molti si sono pure divertiti, come tengono a dire a se stessi e a far sapere agli altri. Sarebbe molto più penoso e difficile finire di esserlo. Ma per diventare che cosa?