Fra le tante scemenze che hanno inevitabilmente riempito le cronache degli scrutini a vuoto per l’elezione del Capo dello Stato spicca quella secondo cui il ministro dell’Interno non può non votare il nuovo inquilino del Quirinale. Si tratta, come è evidente, di una pietosa scemenza volta a giustificare il comportamento ondivago di Alfano e dei suoi cari. Ma non per questo può passare inosservata.

Fermo restando che il voto è segreto anche per i ministri dell’Interno, si può osservare che Mario Scelba, il quale stava al Viminale sia quando venne eletto Einaudi che quando venne eletto Gronchi, nel secondo caso non si pose neanche il problema. Non si sa se Taviani votò per Segni, ma si sa che Segni scavalcò Taviani nei suoi rapporti col generale De Lorenzo: e probabilmente per questo (non certo per obbligo istituzionale) lo stesso Taviani non fu ostile, due anni dopo, all’elezione di Saragat. Restivo, Rognoni, Scalfaro, Scotti e Jervolino (rispettivamente in carica in  occasione dell’elezione di Leone, Pertini, Cossiga, Scalfaro e Ciampi) non hanno sentito l’esigenza di tramandare ai posteri il loro gradimento. E quando, nel 2006, venne eletto Napolitano, era ancora in carica Beppe Pisanu, che avrà votato scheda bianca come gli altri di Forza Italia.

Resta da dire che le pietose scemenze difficilmente possono nascondere il nullismo politico. E che Renzi, nei prossimi mesi, dovrà fare i conti anche col nullismo politico dei suoi alleati.