Campagna elettorale per le politiche del 1983: il Psi, che otterrà dalle urne un buon responso (specie se paragonato con la brusca flessione della Dc e l’ulteriore erosione dei consensi del Pci), lega il volto e il nome di Bettino Craxi allo slogan l’ottimismo della volontà. Una rievocazione della frase resa celebre da Antonio Gramsci, “l’ottimismo della volontà, il pessimismo della ragione”, astutamente privata della seconda parte.
1989: l’anno della contestazione giovanile in Cina repressa nel sangue (l’immagine del ragazzo di piazza Tien An Men che prova a fermare un carro armato diviene un’icona universale della lotta per la libertà), di cui le note dell’Internazionale rappresentano la colonna sonora, e della caduta del muro di Berlino. Francesco De Martino, l’anziano professore di Storia del diritto romano proveniente dal Partito d’Azione e poi divenuto dirigente e segretario del Psi, pubblica un saggio oggi quasi dimenticato: Il pessimismo della storia e l’ottimismo della ragione. Un titolo che condensa riflessioni profonde e il senso stesso di un lungo pensiero.
A scuola ci hanno insegnato che nel tempo tendono ad alternarsi periodi nei quali si pone l’accento sulla ragione e altri nei quali si dà più valore al sentimento: è così, ad esempio, che al secolo dei lumi segue il romanticismo. Approfondendo poi gli studi, abbiamo appreso, anche da maestri come Norberto Bobbio, che, quasi a dispetto della coloritura dominante, l’elemento rimasto un po’ in ombra svolge comunque una funzione assai importante: si pensi solo al “sentimentalismo rousseauiano” o all’ “illuminismo risorgimentale”, caratteristico di autori quali Carlo Cattaneo. E si tratta solo in apparenza di ossimori.
Riflettendo sulle sfide e sulle contraddizioni del nostro tempo, sostiene De Martino, accanto alle aporie e alla dimensione del complesso, riusciamo a scorgere non poche opportunità. E facendo leva sulla logica e sulla forza del buon senso, accompagnate dalla spinta a sopravvivere e a migliorare le nostre condizioni, potremmo avere l’impressione che la nostra fiducia e le nostre speranze nel domani siano ben riposte. Provando però a guardare con lucidità e con un pizzico di disincanto al susseguirsi dei fatti nel corso della storia, rischiamo di smarrire l’entusiasmo e di perderci nello sconforto.
Perché non riprendere il filo di tale discorso, così legato al senso del nostro impegno e delle nostre stesse esistenze?