A mo’ di battuta amo dire che, accanto all’indifferenza, è la pigrizia il peso morto della storia. La pigrizia, la forza dell’abitudine, la ripetizione di copioni, un malinteso rispetto di tradizioni e consuetudini ci inducono spesso a trascurare o a ignorare ciò che pure intuiamo o che è “nell’aria”. Come in una sorta di doppia verità, la nostra lucidità viene affidata a “lettere senza risposta” o a messaggi “in bottiglia”, tanto cari ad esempio alle persone di cultura, mentre il registro ordinario di comunicazione resta più o meno quello di sempre.
Benedetto XVI, da ciò forse lo stupore destato dal suo gesto, ha deciso al contrario di favorire l’incontro dei due piani: quello della consapevolezza e quello delle scelte di ogni giorno. Dinanzi a un mondo e a problemi che lo sollecitavano (e sollecitano ciascuno di noi) con un ritmo incalzante e a un corpo stanco, ha preferito la strada della verità e della coerenza rispetto alla finzione o al misconoscimento.
Proprio le ipocrisie e le “doppie verità” alimentano il disincanto, tanto comune ai giorni nostri. Ciò non significa, è ovvio, che occorra abbandonare la pluralità dei registri espressivi e dei “codici”; e guai a rinunciare ai messaggi in bottiglia, autentiche grida di libertà, innanzitutto interiore, e precondizione per fare sul serio ricerca. Al di là del carattere più o meno “liquido” di ciò che siamo, ci muoviamo in contesti vari e dissimili, e non è sbagliato indossare ogni volta l’abito più adatto.
Relegare però i nostri frammenti di consapevolezza nella dimensione del “gioco” in nome di un’idea pigra della realtà accentua la distanza: quella degli esseri umani fra loro e quella con il reale, col mondo. La scelta di papa Benedetto prova invece a suo modo a ridurla, tale distanza. Perciò essa non coinvolge solo la Chiesa di Roma.