Sui vincoli costituzionali veri e, soprattutto, quelli presunti

La discussa ordinanza della Cassazione ha posto due problemi. Il primo, che riprende il noto obiter dictum della Corte, riguarda il possibile carattere eccessivo del premio di maggioranza attribuito in unico turno senza una soglia minima di consensi. Cio’ coglie un problema reale, ma non si puo’ utilizzare questa critica ignorando che le vie d’uscita possibili sono del tutto divaricanti, necessariamente oggetto di una scelta politica del legislatore che non potrebbe essere in qualche modo surrogata da una sentenza particolarmente creativa del giudice delle leggi.
Al limite l’unica scelta transitoria che potrebbe apparire neutra e quindi in qualche modo costituzionalmente dovuta per superare il problema, che potrebbe condurre oltre un monito, sarebbe la reviviscenza della legge Mattarella, conseguente all’incostituzionalita’ dell’intera legge.
Ancor piu’ discutibile il secondo rilievo, quello per cui ci sarebbe un vincolo costituzionale a introdurre le preferenze, mai utilizzate per le elezioni del Senato e soppresse sin dal 1993 alla Camera senza che nessuno sostenesse allora questa tesi. Il problema del rapporto effettivo tra eletti ed elettori e’ serissimo, ma la Costituzione non impone una scelta univoca tra i tre strumenti possibili: collegi uninominali, preferenze o liste bloccate.

Le possibili soluzioni ponte: piu’ circoscrizioni, ballottaggio nazionale

In ogni caso l’ordinanza della Corte di Cassazione pone il problema politico di soluzioni ponte, capaci di sanare quei due gravi difetti legislativi.
Volendo comunque provare a delineare due possibili soluzioni sui due aspetti critici, e limitando quindi l’intervento al minimo, piu’ semplice e’ il superamento soft delle lunghe liste bloccate. Sarebbe sufficiente la moltiplicazione spagnolizzante delle attuali circoscrizioni ad un livello provinciale o pluriprovinciale.
Invece l’altro problema richiede un chiarimento sulle finalita’. Se si persegue l’obiettivo di una democrazia governante, in modo analogo a tutti gli altri livelli di governo, la soluzione piu’ razionale e’ quella del ballottaggio tra le due liste o coalizioni piu’ votate al primo turno nel caso in cui nessuna abbia raggiunto la soglia, individuabile tra il 40 e il 50, ripartendo il premio a livello nazionale anche al Senato.
Prendere invece altre strade, quelle di eliminare il premio o direttamente o indirettamente, significa fare la scelta opposta, quella di ripetere con tutta probabilita’ la strada di larghe intese obbligate al centro per un lungo periodo. E’ una scelta che si puo’ motivare se si assume quell’obiettivo, se invece, come credo, esso si ritiene errata, non va assolutamente fatta.

Le soluzioni a regime: selettivita’ forte e ragionevole

Per affrontare la questione delle soluzioni a regime, giova ricordare che la forte frammentazione che ci accompagna da dopo il 1989 e che non e’ stata disincentivata dalle formule elettorali successive e’ una caratteristica permanente e non transeunte.
Pertanto la scelta di formule fortemente selettive si presenta al tempo stesso come legittima e piu’ ragionevole della scelta opposta.
La selettivita’ deve essere altresi’ forte, dato che altrimenti si avrebbe il costo delle distorsioni della proporzionalita’ senza averne i vantaggi, ovvero la chiara individuazione di un vincitore. Non e’ quindi piu’ tempo di medicine, come i sistemi tedeschi o ispano-tedeschi, pensate per un livello meno grave di malattia di sistema, ormai purtroppo stabilmente piu’ acuta.
Una selettivita’ forte deve pero’ essere ragionevole e quindi passare attraverso la legittimazione, in ogni caso, di un secondo turno elettorale per la Camera dotata dell’esclusività del rapporto fiduciario.
Di conseguenza, in caso di forma di governo semi-presidenziale, l’opzione logica e’ il trapianto per intero del sistema francese col doppio turno di collegio per la Camera, che risolve anche il problema dei rappresentanti, con alta soglia di accesso tra il primo e il secondo turno, comunque non inferiore a quella francese del 12,5 per cento degli aventi diritto.
In caso di forma di governo del Primo ministro la soluzione di gran lunga migliore sarebbe quella gia’ illustrata come transitoria, ballottaggio nazionale tra le prime due coalizioni e moltiplicazione “spagnola” delle circoscrizioni. Non capisco perche’ il rapporto dei primi “saggi” nominati dal Presidente Napolitano non abbia considerato proprio questo sistema, concentrandosi invece su molti altri, tutti con formule meno selettive, che con tutta probabilita’ riprodurrebbero la necessita’ di larghe intese. Ovviamente l’adozione del ballottaggio nazionale fra coalizioni richiede come complemento l’adozione di norme costituzionali tese a disciplinare post-voto la coalizione vincente, analogamente alle altre forme primo-ministeriali.