Nella breve intervista rilasciata al direttore del «Sole 24 ore» Roberto Napoletano, comparsa sul «Domenicale» del 29 marzo, Gerhard Schröder, nato nel 1944 e cancelliere socialdemocratico della Germania fra il 1998 e il 2005, ha brevemente parlato dell’azione più rilevante compiuta durante il suo governo: l’approvazione di «Agenda 2010», un vasto programma di indispensabili riforme sociali che ha fortemente rivoluzionato la stagnante situazione tedesca dell’epoca.
«Lei ha fatto – osserva Napoletano – le riforme, ha dimezzato i tempi del sussidio di disoccupazione, ha reso flessibili i salari, ha tagliato le prestazioni sanitarie e ha diminuito il costo del lavoro, ha investito sulla formazione. Risultato: il suo partito si è spaccato e ha perso le elezioni, ma la Germania è rinata». E Schröder: «Se per un paese è fondamentale fare le riforme, la nostra elezione passa in secondo piano: noi abbiamo fatto la cosa giusta anche se poi non abbiamo vinto. Oggi la Germania è la nazione più competitiva in Europa e i giovani sono i veri vincitori della “Agenda 2010″».
Ricordiamo che allora l’economia tedesca era ferma, la disoccupazione alta, e della Germania si parlava come del malato d’Europa. Il primo effetto della «Agenda 2010», che continuava la tradizione di realismo e di riformismo della socialdemocrazia tedesca, fu un vero e proprio cambio di mentalità nella società tedesca: una spinta a ripartire che dura ancora oggi.
Interessante infine la risposta data da Schröder sulle possibilità e le prospettive del governo Renzi: «L’immagine storica di Renzi dipenderà dal fatto se riuscirà davvero a fare o no le riforme. Se ci riesce può darsi non sia rieletto, ma la sua importanza per il paese resterà per sempre. Se non riesce a farle rischia comunque di non essere rieletto».
Le difficoltà esistenti all’interno delle società europee non sono dovute solo ai problemi specifici di ogni Stato: un aspetto decisivo di tali difficoltà è costituito dalle carenze dell’Unione europea. Valga quanto ha affermato pochi anni fa un altro ex cancelliere tedesco, il socialdemocratico Helmut Schmidt, nato nel 1918 e capo del governo dal 1974 al 1982, durante il discorso pronunciato al congresso Spd nel dicembre 2011: «L’umanità è cresciuta di numero in misura esplosiva fino a 7 miliardi di esseri umani. Quando io sono nato, erano appena 2 miliardi. […] Le nazioni europee invecchiano e dappertutto si riducono i numeri dei loro abitanti. Nel corso di questo XXI secolo presumibilmente addirittura 9 miliardi di esseri umani abiteranno contemporaneamente sulla Terra, mentre le nazioni europee rappresenteranno solo il 7% della popolazione mondiale […] Allo stesso modo cala il contributo degli europei al prodotto economico. […] Fino al 2050 calerà fino al 10%; nel 1950 era ancora collocato al 30%. Ogni singola nazione europea rappresenterà nel 2050 neppure l’1% della popolazione mondiale».
Bisogna già da oggi fare i conti con questi numeri, cioè impostare programmi di riforma nei singoli paesi europei che prendano atto della mutata e meno favorevole situazione in cui essi si trovano a operare sulla scena mondiale e puntare inoltre su una forte integrazione europea almeno per invertire la tendenza e poter pesare qualcosa in un mondo così enormemente dilatato.