Il 26 settembe un giornale appena nato (Pubblico) sparava in prima pagina un titolo ad effetto: Arriva il partito del Napolitano-bis. Tommaso Labate ricamava da par suo su un’iniziativa che la nostra rivista intendeva promuovere in merito all’elezione del Presidente della Repubblica. La bozza del documento veniva definita “un foglietto”, ed effettivamente è breve. Il giorno dopo, però, per Libero era diventata “il pizzino”, a testimonianza che la visione mafiocentrica della politica italiana non è diffusa solo a sinistra.

Nei giorni successivi, poi, il giornale di Luca Telese ha talmente insistito sull’argomento da costringere il presidente Napolitano a smentire formalmente l’eventualità di una sua nuova candidatura. Roma locuta, causa soluta, si diceva una volta. Ma il problema sollevato dal “foglietto” resta, ed anzi diventa più complesso. Soprattutto per questo, e non solo per segnalare la disinvoltura con cui si fa informazione politica in Italia, proponiamo di seguito il testo del “foglietto” ai nostri lettori, invitandoli ad esprimere la loro opinione non sul “Napolitano-bis”, di cui in esso non si parla, ma sul tema che, al di là delle chiacchiere su un altro bis (quello di Monti), costituirà il principale criterio di selezione delle forze politiche nel prossimo Parlamento.

La legislatura che nel 2008 era stata salutata come espressione matura e definitiva di un sistema politico stabile sta per concludersi nel marasma: la maggioranza si è dissolta; il governo in carica è privo di legittimazione elettorale; la semplificazione del sistema dei partiti non è riuscita ad includere vasti settori d’opinione; i partiti rappresentati in Parlamento, uniti nel rifiuto delle regole elettorali in vigore, non riescono a produrne di nuove.

I timori per la futura governabilità del paese sono ben fondati, né bastano a fugarli gli impegni per la continuità nel programma di governo che alcune forze politiche hanno assunto e che in altre vengono auspicate da minoranze coraggiose. Nell’emergenza l’unico punto di equilibrio è stato finora rappresentato dal Presidente della Repubblica, il quale, innanzitutto grazie alla sua personalità, ha saputo esercitare i propri poteri costituzionali con prudenza ed insieme con coraggio.

In questo senso la presidenza di Giorgio Napolitano, pur mantenendosi rigorosamente entro i liniti fissati dalla Costituzione, ha innovato profondamente la prassi seguita dai suoi predecessori.

Eleggere il suo successore spetterà al nuovo Parlamento, ed anzi, con ogni probabilità, ne costituirà il primo impegno. Sarà un impegno particolarmente arduo, perché si tratterà di affidare l’esercizio di una prassi costituzionale parzialmente nuova ad una personalità adeguata.

Perciò è necessario che il tema venga fin d’ora affrontato nel dibattito pubblico, innanzitutto da parte delle forze politiche che si apprestano alla competizione elettorale, e che non possono rinviare alla fase postelettorale la manifestazione dei propri orientamenti in materia.

L’esperienza di questi anni e l’emergenza di questi mesi, infatti, hanno messo in evidenza la centralità del ruolo del Capo dello Stato. Sarà il nuovo Parlamento a valutare se anche questo dato di fatto andrà collocato nel contesto di quel processo di aggiornamento della Costituzione che da troppo tempo si attende e che ormai non è più rinviabile. Nelle more dell’eventuale revisione costituzionale, comunque, è essenziale che l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica avvenga nella massima trasparenza, e non diventi invece oggetto di trattative oblique ed improprie.

Sarà questa la migliore garanzia non solo dell’auspicabile stagione costituente che la nuova legislatura dovrà avviare, ma anche dell’affidabilità dell’Italia in un contesto internazionale complesso come quello in cui ci troviamo.