Nel mondo dell’informazione esistono diversi modi per raccontare il medesimo fatto: c’è chi riporta una versione asettica delle notizie;  chi spiega ai lettori il contesto all’interno del quale è maturata una certa prospettiva; chi compie delle riflessioni a tutto tondo sul significato recondito di talune decisioni; chi – ancora – ricerca la verità sguinzagliando ottimi reporter. Poi c’è Sallusti, bontà sua, che proviene da un altro emisfero. Dal regno di Sauron all’impero di Arcore, d’altronde, il passo è breve e assai meno mitologico di quanto possa sembrare: sostituisci i maghi con le olgettine, che fra l’altro si presentano anche meglio, scambi gli hobbit coi comunisti, Legolas con Lele Mora e il gioco è fatto.
Per scrivere come Sallusti, però, serve una penna brillante, una certa spavalderia, e soprattutto elemento preliminare è la totale noncuranza nei confronti della realtà. Tutto è capovolto, nel Giornale di famiglia: le baggianate appaiono promesse, gli annunci dei dati innegabili, i toni miti delle autentiche dichiarazioni belliche. La cronaca di questi giorni è sotto gli occhi di tutti. Bisogna essere sciocchi o in malafede per non capire lo stallo del paese. Berlusconi tiene in scacco la maggioranza non già in virtù di particolari linee guida di politica economica, a suo avviso necessarie per rilanciare la crescita del sistema-Italia, bensì in funzione della sua personalissima situazione giudiziaria: ogni volta che si avvicina una sentenza i toni diventano più duri, sale la tensione per il timore dell’interdizione, e si richiama all’ordine il Presidente della Repubblica, passato celermente da autorità garante ad avvocato d’ufficio, pena la reclusione forzata per l’ignobile reato di bolscevismo.
Nel magico mondo di Alessandro, però, le “minacce sulle larghe intese”, anzi gli autentici “agguati”, provengono da ben altre realtà. Non è la sedicente destra a tramare nell’ombra. Nossignore. Il Gran Capo è semmai vittima predestinata di un effetto domino assai più complesso, che ha delle insospettabili comparse. Pietro Grasso, ad esempio, costituisce un elemento di sovversione di chiara natura eversiva, avendo chiesto, in un’intervista pubblicata su Repubblica, agli onorevoli membri del Senato di disporre un intervento in tempi stretti sulla legge elettorale. Quella che qualche tempo fa era considerata unanimemente una priorità oggi deve essere accantonata e relegata nell’oblio, perché il paese vive un nuovo spirito costituente che può consentire, finalmente, di cambiare le regole del gioco, rendendo equa perfino la Giustizia (sic!). D’Alema sarebbe il nuovo Togliatti, Letta incarnerebbe De Gasperi e Berlusconi non so quale padre putativo della Patria vorrebbe essere. Insomma, una scenetta sommariamente sfuggita da un copione di Vanzina diventa materiale sconcio per un lancio d’agenzia. Ma non finisce qui: a tramare nell’ombra vi sono altre forze insospettabili. Gli uomini e le donne di Scelta Civica, noti mussulmani in epoca di Inquisizione, hanno osato chiedere un segnale di discontinuità all’Esecutivo, per marcare la differenza rispetto a un certo modo di fare politica, istigando in siffatta maniera una chiara insubordinazione rispetto ai vincoli di coalizione.
La democrazia diretta da Arcore non prevede revisioni, ripensamenti, dubbi o perplessità. In una pellicola di qualche anno fa, “Mio fratello è figlio unico”, il protagonista – Accio – riceveva una spiegazione illuminante da un camerata missino sul senso profondo dello squadrismo: “Sai cosa vuol dire eia eia e alalà? Non vuol dire niente, vuol dire tutti dietro a lui”. Se queste sono le fondamenta su cui si regge il Pdl, o su cui si reggerà la nuova Forza Italia, allora di certo non dovrebbe destare scalpore la smania sordiana di Berlusconi, che come il marchese del Grillo ama ripetere ai suoi: “E ricordatevelo che io so io, e voi nun siete un cazzo”.