Una lettera pubblicata sul Corriere della Sera del 20 gennaio scorso ripropone la questione della opportunità della presenza in Parlamento degli avvocati di Berlusconi, eletti per agevolarlo nelle “leggi ad personam”, e l’osservazione che d’altro lato non è opportuna neppure l’elezione di magistrati che si schierano apertamente in una contrapposizione di parte facendo dubitare della loro pregressa e futura imparzialità nello svolgimento della loro delicata funzione.
L’argomento però appare ormai datato, vista la situazione politica complessiva, ed ogni polemica è superata dallo stato di fatto in cui ci troviamo. La Commissione Giustizia della Camera dell’attuale legislatura è presieduta da un magistrato. Titoli di studio ed attività professionali dei 44 membri sono adeguati alla funzione da svolgere: 2 magistrati, 22 avvocati, 7 laureati in giurisprudenza, 2 commercialisti, 2 filosofi, 4 giornalisti, 3 dotati di lauree inutili, 1 funzionario di partito, 1 fotografo.
Tuttavia tanta scienza è sprecata, dal momento che le leggi vengono imposte dal Governo con voti di fiducia e che a sua volta il Governo prende ordini da un sindaco toscano che “ha lavorato … omissis … in particolare coordinando il servizio di vendita del quotidiano La Nazione sul territorio fiorentino con la diretta gestione degli strilloni” (vedi Wikipedia), e da un signore lombardo affidato ai servizi sociali, per ragioni di infedeltà fiscale, che vivono nel terrore che un attore comico ligure, col diploma di ragioniere, possa spazzare via il loro potere semplicemente gridando: “vaffanculo tutti”.
E noi siamo ancora qui a disquisire dottamente sul conflitto di interessi degli avvocati e sull’opportunità della presenza dei magistrati in Parlamento? Evviva gli Italiani!