Le primarie sono come il caffè d’orzo: non ti sveglia! Un surrogato della regolamentazione dei partiti che illude i cittadini di partecipare e di contare: fessi e contenti, strumentalizzati per la “resa dei conti” tra gruppi cristallizzati. Tant’è che anche partiti non partiti, cioè padronali, spesso dicono di volerle, anche se poi nemmeno le fanno. Mobilitano le clientele e chi più ne ha – se non c’è l’accordo – più ne mette. Purché si resti nel Sistema. Ecco perché, dall’ “unico” Partito in campo, ci si aspetterebbe semplicemente l’applicazione dell’art. 49 della Carta, come talvolta accennato dal segretario dimessosi. Nel 1948, per non scoprire i rapporti con il bipolarismo internazionale, in nome di una malintesa libertà, si negò d’applicarlo per evitare controlli. E così il nostro sistema è rimasto privo della sua base: la partecipazione effettiva dei cittadini, garantita dalla regolamentazione del “metodo democratico” . Con tesserati autentici e l’elezione periodica degli organi dirigenti; con discussione dei problemi e decisione democratica delle soluzioni; con l’elaborazione di programmi e selezione di coloro che, per competenza e capacità dimostrate, fossero da candidare alla rappresentanza. Una dimensione di partecipazione, di formazione e di scelta per la gestione trasparente e migliore della cosa pubblica, sottoposta al controllo di ciascun atto della sua vita interna, meritevole del supporto finanziario e di servizi pubblici, abilitata in apposito albo a presentare le proprie liste (non più con firme spesso false). Una dimensione di cittadini che partoriscono i dirigenti con la fatica di ogni seria elaborazione democratica, non per cooptazioni successive e ancora familistiche. E nemmeno con aggregazioni dell’ultim’ora (appunto con le firme), senza storia e senza radicamento sociale, che disponendo di un po’ di clientele o di un minimo di notorietà e spesso di forti capitali s’infiltrano avventurosamente nelle Istituzioni. Si dirà: le primarie son già qualcosa, meglio di niente, e l’art.49 è anticaglia. In questo caso, si discuta d’innovazioni tecniche coerenti col “metodo democratico”, ma non si neghi né si taccia che, se esso fosse stato attuato, non ci sarebbero stati – con danno incalcolabile per il paese ed il suo futuro – né il “partito” di Berlusconi né quello di Grillo, nel cui ambito la Casaleggio Associati, con il programma Prometeo e d’intesa con una ricca consorella Usa, si prefigge la messa a punto di un metodo che determini elettoralmente le masse. Quanto alla riforma elettorale e del sistema di governo, perché non partire dall’ammissione che il doppio turno di collegio non indica con sicurezza il vincitore a scala nazionale e per di più obbliga l’elettore all’unica candidatura di partito? Si potrebbe ritoccare il sistema utilizzato fino al ’92, con l’uninominale proporzionale al Senato (se sopravvive) ed il plurinominale con preferenza alla Camera (la 361/57), frazionando i collegi alla dimensione massima di 1,5 milioni di elettori.
Per la certezza di un vincitore nazionale, si dovrebbe assegnare un premio di maggioranza al Premier direttamente eletto in un secondo turno tra i (due ?) candidati indicati dai parlamentari eletti nel primo turno. Il Capo dello Stato rimarrebbe garante del sistema, senza il potere di nomina dell’art 92 della Costituzione, ma nella condizione di poter licenziare il “Mussolini” di turno. Intanto, il Parlamento riacquisterebbe efficienza con Regolamenti non più consociativi, più fedelmente ispirati al primo comma dell’art.72 della Costituzione, e maggiore centralità con il diritto di designare i candidati Premier (un Conclave dei Rappresentanti) con conseguente attenuazione del potere dei media e della Rete. Infine il Premier godrebbe di stabilità senza pericolo d’immobilismo. Se combinata con l’applicazione dell’art 49, quali i limiti di questa ipotesi ? D’essere composta di “pezzi” indigeni già positivamente sperimentati? L’intesa sull’ipotesi complessiva, lungo il filo della coerenza logica e sulla base di un solenne impegno parlamentare, consentirebbe d’anticipare la sua parte non costituzionalizzata e di prevenire l’avvitamento istituzionale con il Porcellum. Il Pd esclude che venga meno la garanzia del Capo dello Stato e il Pdl ha già voluto la “designazione” del Premier per propiziarne l’ elezione diretta. Sussistono dunque i presupposti per concordare la cornice costituzionale “attuanda”. Una procedura “antipopulista”, che non lascia la scelta delle Candidature al potere dei media e ne riserva l’elezione ai cittadini. La convergenza sulla elezione diretta del Premier in un secondo turno di ballottaggio, da fissare nella Carta, potrebbe essere anticipata dalla forma già vigente della “indicazione-designazione”, in uno con la scelta del sistema elettorale per il primo turno. Così, da subito, nell’ambito dell’intesa sul Premierato, si potrebbe porre mano ad una tecnica elettorale che consenta la partecipazione attiva dell’elettore e quindi la scelta tra i candidati proposti, non imposti, con il ridimensionamento dei costi della propaganda, un limite alla moltiplicazione delle sigle; l’accreditamento dei partiti con l’attuazione dell’art.49, il finanziamento pubblico in cambio di “affidamento in convenzione” sottoposto a controlli.