Il mondo postcomunista, nei lunghi anni della transizione, ha oscillato fra due tendenze diverse: l’enfasi sui diritti individuali (come ha notato Beppe Vacca) e la ricerca di una sponda, quasi di un rifugio, nella chiesa di Roma. Come dire: partito radicale di massa o novella democrazia cristiana. I discorsi sul Terzo mondo e sull’ambiente si ponevano un po’ sullo sfondo. La “socialdemocratizzazione” piena e compiuta è parsa sempre ardua: essa, fra l’altro, comportava l’esigenza di fare davvero i conti con l’esperienza del Psi e di Bettino Craxi.
Oggi quelle che apparivano possibilità e opzioni sono divenute impellenti istanze: dare spazio alla libertà dei singoli e delle coppie (si guardi alla legge sulle Unioni civili), confrontarsi con il mondo cattolico (e non solo) rispetto soprattutto ai flussi migratori. Non solo: porsi quasi alla testa degli eurosocialisti dinanzi ai dilemmi dell’Unione europea. Il premier Matteo Renzi è assai abile a interpretare tali ruoli e compiti, trasformando la necessità (il must, come direbbero gli anglosassoni) in opportunità.
Ora occorrerebbe un passaggio ulteriore, pur incalzati dalle emergenze e da mille spinte contrastanti: rielaborare tali esperienze, anche dolorose, in cultura politica. Guardando avanti, certo, ma non senza volgersi al passato. Cosa possono ancora dirci, poniamo, Marco Pannella ed Emma Bonino? Cosa abbiamo da imparare da papa Francesco e dalla presenza attiva dei credenti nella sfera pubblica? Come porsi in modo intelligente da eredi della tradizione socialista?
Così, forse, pian piano quelle che sembravano pulsioni cieche acquisiranno uno status diverso, divenendo scelte mature e consapevoli da tradurre in background politico-culturale, in prospettiva e orizzonte e in narrazione quotidiana.